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Il New York Times ammette: «Il vero problema dei neri sono le famiglie divise»

Il razzismo è un fenomeno purtroppo concreto e reale, soprattutto negli Stati Uniti, anche se neppure nel contesto americano è lecito sovrastimarlo. Un errore, pare volontario, commesso da Eric Stewart (ex) prof di criminologia alla Florida State University, cacciato malamente dal suo ateneo proprio perché manipolava i dati delle sue ricerche per ingigantire, appunto, l’emergenza razzismo.

Detto ciò, il razzismo indubbiamente esiste e va contrastato senza esitazione; anche il se primo problema della comunità afroamericana pare essere, in realtà, un altro: la disgregazione familiare. Non lo insinua qualche conservatore desideroso di sviare il discorso, l’ha messo nero su bianco il massimo quotidiano liberal e progressista del mondo, il New York Times, in un sorprendente editoriale a firma di Nicholas Kristof, un vero peso massimo del giornalismo visto che ha già vinto due Pulitzer.

Appoggiandosi a quanto emerge da Two-Parent Privilege, un libro fresco di stampa di Melissa S. Kearney, economista dell’Università del Maryland, Kristof richiama l’attenzione su un dato fondamentale: quello secondo cui le madri single che allevano figli hanno cinque volte più probabilità di vivere in povertà rispetto alle famiglie composte da coppie sposate; di conseguenza anche i loro figli si troveranno socialmente svantaggiati.

Ebbene, sì da il caso che negli Usa la disgregazione familiare sia un problema sì generale e crescente – se nel 1980 il 77% dei bambini viveva con genitori sposati, nel 2019 la percentuale è risultata del 63% -, ma che riguarda soprattutto (per ragioni da approfondire, senza dubbio) la comunità nera. Basti dire che appena il 38% dei bambini neri vive con genitori sposati: una quota drammaticamente più bassa non solo della controparte bianca, ma anche delle altre minoranze; il che è un dramma, dato che l’unità familiare è una risorsa.

Sul New York Times Kristof ha scelto non solo di parlarne, ma di farlo tirando le orecchie proprio al mondo liberal e progressista, reo di essere «spesso riluttante a riconoscere uno dei principali fattori che determinano la povertà infantile», vale a dire «la disgregazione della famiglia»; e dire, aggiunge Kristof, che il «vantaggio di una famiglia con due genitori è semplicemente una funzione aritmetica: due genitori possono guadagnare due redditi, il che significa meno povertà».

Kristof si sofferma inoltre sul fatto che, se finora non ci si è occupati adeguatamente della disgregazione familiare soprattutto nella comunità nera è per paura di passare per razzisti; anche se in realtà già nel lontano 1965 il senatore di New York Daniel Patrick Moynihan – uno che conosceva il problema da vicino, essendo cresciuto in povertà come figlio di madre single – sollevava il tema del declino dei matrimoni neri, mettendo in guardia dalle conseguenze sociali che ne sarebbero derivate.

La cosa che però la testata newyorkese non sottolinea bene è che l’indifferenza progressista allo sfascio familiare non è un caso, ma un esito obbligato. Dopo decenni passati a predicare l’autodeterminazione e la libertà assoluta, infatti, per la compagine liberal e progressista ritrovarsi ad ammettere che la famiglia unita sia un valore e un antidoto alla povertà rappresenta una dolorosa autocritica. Significa dover ammettere che il primo e più formidabile collante di una coppia, il matrimonio, è un bene comune. Troppo, per chi ha da tempo elevato il proprio ego a metro di tutte le cose. (Foto: Pexels.com)

Giuliano Guzzo

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Viaggiare senza lanzichenecchi (né Alain Elkann)

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Sì, un po’ lo invidio, Alain Elkann. Non è da tutti vedere pubblicato sulle pagine culturali di un giornale nazionale, nel suo caso Repubblica (qui già lo invidio meno), il proprio sfogo dopo un viaggio in treno affrontato con accanto gente che ti disturba. E dire che sul tema sarei preparatissimo: viaggiando spesso sui treni regionali, l’ultima volta ieri, avrei molto da dire sul magico mondo dei passeggeri che urlano al cellulare, che adorano viaggiare senza biglietto, che purtroppo non amano farsi la doccia, che presumono che i loro ragionamenti – o presunti tali – interessino a tutto il vagone; avrei pure notato frequenti origini allogene in tali galantuomini ma mi taccio, che ad essere accusato di razzismo non è che ci tenga particolarmente. Continua a leggere